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14 Settembre 2011
Riceviamo questo contributo da un sociologo, economista e statistico, probabilmente di origine cinese. Lo pubblichiamo per i forti connotati di attualità.
C’era una volta il cittadino 1.0, che nasceva, viveva e spesso moriva sempre nello stesso posto. Era quasi uno scherzo censirlo, seguirne il percorso formativo, la carriera, lo sviluppo familiare, la vita di relazione e perfino lo stato di salute. Il cittadino 1.0 aveva un domicilio fisico, che cambiava assai di rado: per sposarsi, quando aveva figli e in poche altre occasioni. Quasi sempre restava vicino alla famiglia di origine.
La versione 1.1 prevedeva l’emigrazione in Italia o in altre nazioni, e qualche volta anche il ritorno al paese natale. I modelli 1.1 più avanzati e fortunati andavano fuori casa anche per studiare. I maschi passavano anche un anno o più a prestare il servizio militare, spesso in qualche sperduto avamposto, dove gli statistici sanitari potevano rilevare dati preziosi. Gli 1.1 più anziani erano passati anche attraverso l’esperienza della guerra.
Come la mitica Cinquecento, anche il cittadino 1.0 è stato sostituito da versioni più avanzate. La 2.0, ad esempio, prevedeva lunghi periodi di formazione lontano da casa e prevedeva la possibilità di connettersi a reti sociali molto più complesse dei tradizionali legami familiari. Il cittadino 2.0 poteva fare cose che un tempo erano sperimentate solo da alcune versioni beta del modello 1.0: viaggiare spesso, avere contatti frequenti con altre comunità, entrare in contatto con altre culture, fare un lavoro completamente diverso da quello dei genitori. Per gli statistici il 2.0 era una bella sfida: andava “inseguito” nei suoi spostamenti fisici e di condizione sociale; era difficile perfino coglierlo in alcuni passaggi obbligati, in cui tutti prima o poi dovevano incorrere; soprattutto la mobilità e le diverse interconnessioni rendevano i 2.0 molto differenti tra loro. Questa eterogeneità complicava terribilmente i questionari statistici, moltiplicando le possibilità alternative da considerare. Dalla versione 2.1 in poi, ad esempio, ogni cittadino poteva svolgere più lavori, in posti differenti, e poteva transitare dalla condizione di stato libero a quella di coniugato e viceversa più volte. Questo fatto sconvolgeva gli schemi familiari tradizionali, introducendo anche nuove forme di parentela, come gli ex-nonni. I 2.2 avevano percorsi formativi e di lavoro complicatissimi, che potevano anche interrompersi per qualche tempo e intrecciarsi tra loro. Parecchi 2.3 arrivavano già adulti e formati, ma con una nazionalità dettata da regole che cambiavano abbastanza spesso, tanto da trasformare le formazioni di alcuni team sportivi in scioglilingua per i nativi. I maschi non erano neanche più obbligati a servire la Patria, gettando nello sconcerto gli statistici sanitari. In ogni caso, dalla versione 2.4 in poi era già necessario parlare di sesso “alla nascita”, visto che questa caratteristica poteva cambiare in seguito.
La versione 3.0 portò all’estremo alcune innovazioni che erano già presenti in pochi esemplari precedenti. Intanto l’identità del cittadino era messa in discussione dall’uso diffuso di avatar, nickname e ID. Gli esemplari più giovani non si scambiavano più l’indirizzo, ma un numero di cellulare, l’utenza Skype e l’indirizzo e-mail, più che sufficienti se, come avveniva spesso, non intrattenevano alcun rapporto personale tra loro. Il cittadino poteva assumere più identità contemporaneamente, con caratteristiche completamente diverse. I 3.0 svolgevano, di norma, più lavori allo stesso tempo, con forme di retribuzione che potevano sovrapporsi tra loro. Ad esempio, mentre nei 2.0 i preti – operai, i medici – cantanti, i magistrati – scrittori e le metalmeccaniche – ballerine erano una eccezione (tanto da essere immortalati in qualche film), tra i 3.0 se ne contavano a migliaia. L’universo di riferimento di un 3.0 poteva essere ovunque, ma quasi sicuramente era lontano da casa: sapeva tutto su quel che succedeva sui mercati in cui aveva investito i propri risparmi e ignorava la toponomastica del proprio quartiere (spesso doveva usare il GPS per muoversi in città); conosceva il nome del presidente degli Stati Uniti, ma non quello del sindaco; seguiva in diretta uno tsunami in Giappone, ma non sapeva se fuori stava piovendo o se c’era il sole perché spesso vagava in un centro commerciale; tifava per squadre di calcio straniere in cui giocavano campioni italiani o per squadre italiane in cui non c’era un solo nativo; i suoi spostamenti dipendevano più dai capricci di un vulcano islandese, che dal traffico sotto casa. In realtà, la stessa nazionalità di un 3.0 era un enigma: se l’uomo è quel che mangia e quel che pensa, i 3.0 si nutrivano di prodotti importati da mezzo mondo e parlavano più lingue. Solo alcune varianti 3.1 si ostinavano ad identificarsi con nazioni e popoli mai esistiti o scomparsi da secoli.
Chen Tsi Ment